Umberto Eco - I folli letterari

Umberto Eco - I folli letterari

Brani scelti: UMBERTO ECO, La bustina di Minerva (Milano, Bompiani 2000).

Esiste un genere saggistico che si può definire come storiografia dei folli letterari, e che si occupa di autori "matti", non solo nell'ambito della letteratura ma anche delle scienze. Cito per esempio L'historie littéraire des fous di Delepierre, 1860, o opere che si occupano di una sola area geografica, come Les fous littéraires du Quercy di Louis Greil, 1866. Per non dire del celebre Quérard, Supercheries littéraires, 1845, che però si occupa di folli che ci marciano e cioè di plagiari, apocrifi e organizzatori di beffe editoriali. Potrei citare alcune opere di Isaac D'Israeli, libri più recenti come quello di Martine Bigeard sui folli letterari in Spagna dal 1500 al 1650, il vasto studio tedesco sulla patologia del genio di Lange-Eichbaum, o l'imponente Les fous littéraíres di André Blavier (Veyrier, 1982). Qui si trovano opere voluminosissime che dimostrano l'immobilità della terra, o il lavoro di un tal Tardy che prova come il nostro globo giri su se stesso in quarantott'ore. L'indice comprende tra l'altro etimologi a ruota libera, cosmologi, profeti e messia, quadratori del circolo, inventori, filantropi, poeti.

Ho trovato recentemente un libretto molto citato nelle bibliografie, Les fous littéraires, di Philomneste Junior (pseudonimo di Gustave Brunet), pubblicato a Bruxelles nel 1880. Vuoi per gioco, vuoi per polemica, vuoi per carenza di metodo, il nostro Brunet non fa una chiara distinzione tra opere folli e opere (anche sensatissime) di autori che nella vita privata soffrivano di disturbi psichiatrici. Ma certamente egli ritiene che l'opera di un folle sia folle, e che un'opera che a lui pare folle presuppnga un autore folle.

Appare pertanto ovvio che, accanto a un Attardi che nel 1875 ha pubblicato un libro sulla possibilità dell'abolizione della morte sia violenta che naturale, o a un Henrion che nel 1718 aveva presentato una memoria sulla statura di Adamo, Brunet ponga vari mistici, visionari, alchimisti e cabalisti, da Paracelso a Fludd, da Cyrano di Bergerac a Sade e a Fourier. Talora Brunet gioca su casi indubbiamente singolari, come quando presenta Wronski, un signore che ha pubblicato migliaia di pagine di matematica, scienze naturali, politica, scrivendo lettere allo Zar di Russia e ad altri reggitori di stati europei per proporre una Riforma Assoluta del Sapere Umano e della Meccanica Celeste, onde combattere il Sinistro Disordine Rivoluzionario e le società segrete. Un tal banchiere Arson, che aspirava anch'egli al sapere assoluto, lo aveva a lungo finanziato, poi c'era stata una rottura violenta tra i due e Wronski aveva scritto pagine e pagine contro Arson, intentandogli anche una causa, mai vinta, con richiesta di duecentomila franchi di allora, per furto di verità filosofiche. Si noti che Wronski ogni tanto azzeccava alcune idee, che non erano da buttar via, e per esempio Jakobson lo cita con molto rispetto.

Quello che però fa saltare sulla sedia è che troviamo in questa compagnia Socrate, Newton, Poe e Walt Whitman, e non solo loro. Bisogna dire che Brunet ha una sua logica: trova in Whitman un principio di orgoglio e di rivolta, l'esaltazione della propria individualità e frasi come "io rendo divino tutto ciò che tocco". E commenta: "Non ci sono forse qui tutti i sintomi della demenza?" Per Socrate, anzitutto, Brunet si chiede se bisogna considerarlo scrittore perché il poveretto non ha mai scritto, e ha qualche dubbio se classificare tra i matti un signore che afferma di avere un demone familiare. Conclude che si trattava in ogni caso di monomania. Per Newton è presto detto: genio immortale si, ma visionario che si è occupato di cabale e interpretazioni dell'Apocalisse. E via di seguito.

Anche Gustave Brunet, come ogni folle letterario, può suggerire qualcosa di buono, e cioè che la nozione di follia può cambiare molto secondo le epoche e le prospettive filosofiche. Non più di un mese fa mi trovavo a parlare con un insigne matematico che mi ha rivelato stupefatto che Leibniz era matto. "Figurati", mi ha detto, "ho scoperto che quest'uomo, che ha scritto opuscoli di logica e di matematica veramente geniali, ha anche scritto alcune opere minori con fantasie deliranti sulle monadi e sull'armonia prestabilita!"