Bertrand Russell - La grandezza d'animo e il superamento dei dolori irreparabili
Brani scelti: BERTRAND RUSSELL, La conquista della felicità (Milano, Tea 1991).
Un uomo che ha intuito, anche se soltanto temporaneamente e brevemente, in che cosa consista la grandezza dell'animo, non può più sentirsi felice se si permette di essere meschino ed egoista, se si lascia turbare da piccole contrarietà e spaventare da ciò che il destino può tenere in serbo per lui. L'uomo capace di grandezza d'animo spalancherà le finestre della sua mente, lasciando che i venti la investano liberamente, soffiando da ogni parte dell'universo.
Egli vedrà se stesso, la vita e il mondo con la lucidità concessaci dalle nostre umane limitazioni; rendendosi conto della brevità e della piccolezza della vita umana, egli si renderà conto anche che nelle menti individuali è concentrato tutto ciò che vi è di prezioso nel mondo conosciuto. E farà sì che l'uomo, la cui mente riflette il mondo, diventi in certo senso grande quanto il mondo. Emancipandosi dalle paure che assediano colui che è schiavo delle circostanze, proverà una gioia profonda, e attraverso tutte le vicissitudini della sua vita esteriore rimarrà nel profondo del suo essere un uomo felice.
Considerazioni del genere valgono anche per i dolori irreparabili, quali la morte d'una persona profondamente amata. Non serve a nulla abbandonarsi senza ritegno al proprio dolore in occasioni simili. Il dolore è inevitabile e lo si deve aspettare, ma si deve fare tutto quanto è possibile per minimizzarlo. E' soltanto un sentimentalismo insistere, come qualcuno fa, nel bere fino all'ultima goccia il calice della propria disgrazia. Non nego, naturalmente, che un uomo possa essere spezzato dal dolore, ma dico che un uomo dovrebbe fare tutto quanto sta in suo potere per sfuggire a questo destino, e dovrebbe cercare qualsiasi distrazione, per quanto banale, purchè non nociva o degradante in sè.
Tra quelle che considero nocive e degradanti includo l'ubriachezza e le droghe, il cui scopo è di ottenebrare il pensiero, almeno momentaneamente. La linea di condotta più saggia è, non di ottenebrare il pensiero, ma di indirizzarlo verso altre vie, o per lo meno verso vie lontane dalla disgrazia presente. E' difficile fare ciò se la vita, sino a quel momento, è stata concentrata su di un numero limitato di interessi, e quei pochi interessi sono stati ora toccati dal dolore. Per sopportare bene le disgrazie quando avvengono, è saggio aver coltivato in momenti migliori una certa varietà di interessi, di modo che la mente possa trovare pronto qualche luogo indisturbato che le offra altre associazioni di idee ed altre emozioni, diverse da quelle che rendono difficilmente sopportabile il presente.
Un uomo capace di gustare la vita e dotato di una adeguata vitalità, supererà qualsiasi disgrazia grazie all'affiorare, dopo ogni colpo, di un interesse nella vita e nel mondo che non può essere ristretto al punto da rendere fatale la propria perdita. Il lasciarsi abbattere da una perdita, o persino da parecchie perdite, non è cosa da ammirarsi come prova di sensibilità, bensì da deplorarsi come difetto di vitalità. Tutti i nostri affetti sono alla mercè della morte, che può colpire coloro che amiamo in qualsiasi momento. E' quindi necessario che la nostra vita non abbia quella limitata intensità che pone tutto il significato e lo scopo della vita stessa alla mercè di un incidente.