William Shakespeare - La potenza di Cupido
Brani scelti: WILLIAM SHAKESPEARE, Pene d'amor perdute, 1597.
Oh, io dunque innamorato! Io che fui sempre, dell'amore, il flagello, l'aguzzino, il nemico di ogni patetico sospiro, il critico, anzi il guardiano notturno, il pedante tiranno di quel fanciullo che nessuno al mondo eguaglia per magnifiche imprese! Quel fanciullo bendato, piagnucoloso, semicieco, bizzoso, quel giovin-vecchio, nano-gigante, don Cupido, sovrano delle rime amorose, signore delle braccia che s'intrecciano, riconosciuto sire di sospiri e gemiti, protettore di tutti gli sfaccendati e scontenti, temuto principe delle gonnelle, re delle braghette, imperatore assoluto e gran generale di uscieri galoppini: oh, mio povero Cuore!
Eccomi in campo anch'io come suo aiutante, a indossare i suoi colori come il cerchio di un saltimbanco! Oh, io amare! Io corteggiare! Io a cercar moglie! Cioè una donna che è come un orologio tedesco, sempre in riparazione, sempre fuori sesto, che non segna mai l'ora giusta a guardia giusta e che va anzi guardato da noi perché vada giusto!
E per di più farmi spergiuro, ciò che è il peggio del peggio; e amare, delle tre, quella è peggio; una sgualdrinella pallidetta con una fronte di velluto, con due pallottoline di pece piantate come occhi sul suo viso; e capace, per il cielo, di fare quel che volesse fare quand'anche avesse Argo per eunuco e guardiano: e io a sospirar per lei! a vegliare per lei! a pregare per lei! Ah, è il castigo che Cupido m'infligge per aver io trascurato la sua piccola onnipossente, tremenda potenza. Bene, amerò, scriverò, pregherò, corteggerò, gemerò: ad alcuni è dato di amare una donna d'alto rango, ad altri una semplice ragazzotta.