Libri, biblioteche e futuro della cultura in Italia. Intervista a Oliviero Diliberto
Caro Diliberto, è difficile iniziare questa breve intervista senza accennare al caso Girolamini. Che idea si è fatto e soprattutto ritiene si tratti solo di un episodio isolato, oppure la situazione di alcune biblioteche italiane è davvero fuori controllo?
L'idea che mi sono fatto, purtroppo, è disastrosa. Siamo di fronte ad un direttore nominato, pare su pressioni squisitamente politiche e non per competenza, da un ministro dei Beni culturali che non ha letto neppure il curriculum (peraltro palesemente non rispondente al vero...), ad un colossale furto ed alla circolazione dei libri rubati per l'intero circuito del collezionismo privato.
Tutto ci dice che non si tratta di un caso, ma di una deliberata trascuratezza, un'incuria tragicamente colpevole, un "sistema" marcio. Occorrerebbe ben altro per il nostro strepitoso patrimonio librario (e non solo, evidentemente), unico al mondo, di cui la classe dirigente nella migliore delle ipotesi non si occupa, nella peggiore agevola il suo depauperamento.
Quali sono le responsabilità della politica?
Enormi. Quando ho volontariamente lasciato il Parlamento, cinque anni fa, ero alla Biblioteca Nazionale di Roma. Il direttore mi ha avvicinato e mi ha detto, sconsolato: "ora non potrò più dire che c'è un solo parlamentare che frequenta la biblioteca, perché andandotene tu dalla Camera, non ce ne sarà più nessuno"... Credo di non dover aggiungere altro. Non si comprende che la più grande chance di sviluppo per l'Italia è la sua cultura, l'unica cosa che non può essere delocalizzata.
I tagli lineari hanno interessato negli ultimi anni anche i Beni culturali, ritiene ancora possibile un'inversione di tendenza?
L'inversione di tendenza dovrebbe essere la priorità, ma non mi faccio molte illusioni. La marginalizzazione progressiva della cultura e di tutta la filiera dei saperi, con i relativi tagli, del tutto criminali per il futuro del nostro Paese, non mi pare sia cambiata neppure con il cosiddetto "governo dei professori". Forse sono professori che si sono dimenticati di esserlo...
Crede che la digitalizzazione possa favorire l'occupazione, l'accesso alle fonti e la tutela stessa del patrimonio librario?
Sono un convinto sostenitore della digitalizzazione: il che non significa non amare perdutamente il manufatto libro, fisicamente inteso. Significa solo rendere la sua fruizione ben più ampia e, dunque, favorire la circolazione del sapere ed anche l'occupazione.
Dalla sfera pubblica a quella privata: la sua passione per i libri nel tempo è andata affievolendosi o è rimasta inalterata?
La mia passione non può che aumentare. Come per i tossicodipendenti, le dosi devono essere sempre più massicce. Invecchiando, l'amore per i libri e la carta (le carte) in tutti i loro aspetti tende a diventare sempre più una sorta di "bibliofollia". Una specie di oasi, una sacca di resistenza civile, rispetto alla barbarie che avanza e ci circonda.
Prescindendo dalle fonti usate per lavoro, quali libri attirano ancora la sua attenzione di bibliofilo?
Adoro l'editoria del 900 (come forse si sa, posseggo l'intera collezione della vecchia Bur grigia), così come ho una significativa collezione di edizioni importanti de I promessi sposi, ad iniziare da quella di Ferrario, Milano 1827, in tre volumi. Ma la mia passione vera è - anche per ragioni lavorative - quella per la giuridica antica. Credo di avere una delle collezioni librarie antiquarie in questo settore più importanti d'Europa. Ma si tratta di volumi che costituiscono oggetto dei miei studi come storico del diritto di professione, ho scritto numerosi saggi scientifici sulla bibliografia giuridica: così, in questo caso, lavoro e passione, studio e gioco intellettuale coincidono. Un'avventura intellettuale strepitosa.
Sempre con riferimento al mondo del libro, qual'è il suo rapporto con il web? Lo usa solo per ricerche scientifiche o anche per cercare libri rari?
Il web oggi è indispensabile. Lo uso con assoluta frequenza. Non sono certo un esperto informatico, anzi! Ma giudico l'innovazione introdotta da Internet fondamentale per la ricerca nel settore dell'antiquariato librario e della bibliografia. La diffidenza iniziale si è tramutata, via via, in una sorta di dipendenza. Ormai, senza il web, qualunque ricerca diverrebbe impossibile.
L'ultima domanda è dedicata al futuro del nostro paese. Molti nostri lettori sono specializzati in conservazione dei beni culturali e librari. Chi è occupato manifesta smarrimento per il disinteresse dello Stato, altri purtroppo sono privi di occupazione. Oggi si sentirebbe di consigliare a un giovane italiano di investire se stesso nella cultura?
Il disinteresse dello Stato fa paura, è reale, imbarazzante all'estero, incomprensibile per chiunque abbia a cuore le sorti dell'Italia. Ma ancora io mi sento di consigliare i giovani ad investire sulla cultura e su se stessi in cultura. In fondo, se l'industria manifatturiera stenta e la globalizzazione economico-finanziaria (che tanti disastri ha creato nel mondo, e continua a creare) può mettere in ginocchio l'economia italiana, i nostri beni culturali non hanno eguali. Alla fine, saranno questi ultimi a fare la differenza nel mondo. La più grande economia in espansione nel mondo, quella della Repubblica Popolare Cinese, che conosco assai bene, cerca da noi la cultura classica, i libri, l'arte, l'archeologia, la storia insomma. Nella globalizzazione, questo è l'unico e fondamentale valore aggiunto dell'Italia.
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Rettifica, martedì 10 Giugno 2014 - "Nell'intervista a Oliviero Diliberto, apparsa nell'ambito di questa pubblicazione on-line, l'intervistato dichiarava che il curriculum di De Caro era "palesemente non corrispondente al vero". Tale affermazione - come precisa lo stesso Diliberto - era tratta da notizie di stampa, relative alle ben note vicende giudiziarie legate alla biblioteca Girolamini - sulle quali ovviamente solo la magistratura potrà compiutamente esprimersi - e non dall'esame del concreto curriculum del De Caro, evidentemente non conosciuto se non dai diretti interessati."
da La Rivista
Dante Alighieri - Divina Commedia, Inferno, Canto VI
Brani scelti: DANTE ALIGHIERI, La Divina Commedia, Inferno, canto VI. [Canto sesto, nel quale mostra del terzo cerchio de l'inferno e tratta del punimento del vizio de la gola, e massimamente in persona d'un fiorentino chiamato Ciacco; in confusione di tutt'i buffoni tratta del dimonio Cerbero e narra in forma di predicere più cose a divenire a...