Umberto Eco - Quanti libri non abbiamo letto?
Brani scelti: UMBERTO ECO, La bustina di Minerva (Milano, Bompiani 2000).
In occasione del salone del libro di Torino è stata condotta una inchiesta presso vari intellettuali per sapere quali libri non avessero mai letto. Come era prevedibile le risposte sono state variate ma tutti gli interrogati sembrano aver risposto senza false vergogne. Così abbiamo scoperto che alcuni non hanno letto Proust, altri Aristotele, altri ancora Hugo e Tolstoj, o Virginia Woolf, compreso un illustre biblista che non ha mai letto per intero dal principio alla fine la Summa Theologica di san Tommaso il che è più che naturale, perché opere del genere le legge puntigliosamente dalla prima pagina all'ultima solo chi ne fa l'edizione critica. Alcuni non si rammaricano di non aver letto Joyce, altri ostentano di non aver mai letto la Bibbia, non rendendosi conto che queste lacune non li distinguono ma li massificano. Giorgio Bocca ha asserito di aver abbandonato dopo poche pagine sia il mio ultimo romanzo che il Don Chisciotte, e trabocco di gratitudine per questo immeritato apparentamento. D'altra parte a leggere troppo, come Don Chisciotte, va il cervello in acqua.
Questa inchiesta è stata secondo me di grande interesse per i lettori comuni. Essi infatti (se sono lettori e non analfabeti di ritorno) vivono sempre nell'angoscia di non avere letto qualcosa che secondo la voce comune è essenziale avere letto; e scoprire che tanti nomi illustri confessano carenze abissali non poteva che confortarli. Tuttavia mi rimane un sospetto, e un timore. Che i lettori comuni attribuiscano queste dichiarazioni a snobismo (pensando che di fatto gli interrogati abbiano letto di nascosto quello che fanno finta di non aver letto). Se così fosse i lettori comuni non solo non avrebbero superato il loro complesso di inferiorità, ma anzi lo avrebbero accresciuto, perché si scoprirebbero esclusi dal numero di quegli eletti che possono dire senza vergogna di non aver mai letto D'Annunzio, senza essere per questo considerati come trogloditi.
Ebbene, vorrei confortare i lettori comuni provando come sia vero che tutti quegli intervistati non hanno letto davvero quei libri (e molti altri ancora) aggiungendo che se io avessi dovuto rispondere a quella domanda avrei strabiliato me stesso elencando le opere immortali con le quali non ho mai avuto commercio di amorosi sensi. Prendete in mano quello che rimane il più ricco repertorio di opere letterarie, il Dizionario Bompiani delle Opere, trascurando i volumi dedicati ad Autori e a Personaggi. Nell'edizione attualmente in commercio le Opere contano 5450 pagine. Calcolando a occhio che vi siano in media tre opere per pagina, abbiamo 16.350 opere. Rappresentano tutti i libri mai scritti? Per nulla. Basta infatti sfogliare un catalogo di libri antichi (o gli schedari di una grande biblioteca) per vedersi sopraffatti da titoli di ogni genere e sulle più varie materie che il Dizionario Bompiani non registra, altrimenti sarebbe non di cinquemila ma di cinquantamila pagine. Un repertorio del genere registra le opere che costituiscono il Canone, quelle che la cultura ricorda e che considera fondamentali per l'uomo di buona cultura. Le altre rimangono (meritatamente o immeritatalnente) riserva di caccia per studiosi specializzati, eruditi, bibliofili.
Quanto tempo ci vuole per leggere un libro? Parlando sempre dal punto di vista del lettore comune, che dedica alla lettura solo alcune ore del giorno, azzarderei per un'opera di medio volume almeno quattro giorni. È vero che per leggere Proust o san Tommaso occorrono mesi, ma ci sono capolavori che si leggono in un giorno. Atteniamoci dunque alla media di quattro giorni. Ora quattro giorni per ogni opera registrata dal Dizionario Bompiani farebbe 65.400 giorni: dividete per 365 e avete quasi 180 anni. Il ragionamento non fa una grinza. Nessuno può aver letto o leggere tutte le opere che contano. Ed è inutile dire che, dovendo scegliere, almeno Cervantes bisognava leggerlo. E perché? E se per un lettore fossero stati molto più importanti e urgenti Le mille e una notte (tutte) o il Kalevala? Inoltre non si considera che, per i lettori di tempra migliore, quando si ama un'opera la si rilegge più volte lungo il tempo, e coloro che abbiano riletto quattro volte Proust hanno sottratto una infinità di ore alla lettura di altri libri, probabilmente meno essenziali per loro. E quindi si rassicurino i lettori. Si può essere colti sia avendo letto dieci libri che dieci volte lo stesso libro. Dovrebbero preoccuparsi solo coloro che di libri non ne leggono mai. Ma proprio per questa ragione essi sono gli unici che non avranno mai preoccupazioni di questo genere.