Perché Amore e Psiche è la favola d'amore più bella di sempre - di Carlo Picca
Amore e Psiche è una favola mitologica molto antica e comune a diversi popoli. Pare infatti che la sua origine risalga ad un'arcaica storia siriana, che fu ben rivisitata e raccontata da Apuleio nelle sue Metamorfosi, in quella che ne è senza dubbio la accezione più conosciuta e tramandata.
Ma della favola si sono avute da sempre, e già in antico, diverse interpretazioni allegoriche e, attraverso queste, il mito è pure passato nel tempo, come nel Medioevo, ad esprimere la credenza nell'eternità dell'anima e nella redenzione.
Ma varie trasformazioni subì anche nella novellistica popolare successiva, mescolandosi a motivi folcloristici. Nella letteratura italiana la favola ha avuto ampia fortuna, da Boccaccio, Boiardo, Marino, sino a Savioli, Pindemonte, Pascoli. Fuori d'Italia, è ripresa ad esempio in un romanzo di J. de La Fontaine ed una commedia di P. Calderón de la Barca.
Come detto la versione più apprezzata in ogni tempo è quella che ne ha fatto Apuleio. Incastonata come digressione nelle Metamorfosi, questa favola, descritta direi in modo unico dalla scrittore latino, è la versione per eccellenza ed è senza paura di smentite uno dei più famosi e celebrati racconti d'amore di tutti i tempi.
Apuleio, scrittore latino di origine africana, Madaura 125 d. C. circa - Cartagine 180 d. C. circa, ha sapientemente reso immortale questo racconto. Egli fu narratore abilissimo e certamente una delle figure più singolari della letteratura latina. Il suo stile, ricco di accorgimenti retorici ma personalissimo, esercitò notevole influsso sulla letteratura successiva.
In Apuleio, Eros ama la fanciulla Psiche, ma vuole assolutamente come condizione, che ella non voglia per nulla vedere il suo volto. Ma Psiche manca a questa richiesta e il dio è così costretto ad andare via da lei, fino a che Psiche, soltanto grazie ad una serie di prove superate, è perdonata ed accolta non solo da Eros ma addirittura fra tutti gli dei.
Il racconto narra quindi circa il destino di due innamorati, la cui felicità è vincolata a prove da affrontare e superare. Gli ingredienti della favola ci sono tutti: un re e una regina, una figlia bellissima, Psiche, la gelosia di Venere, l'invaghimento di suo figlio Eros, un incantesimo, la disobbedienza, la fuga e poi le peripezie necessarie all'agognato ricongiungimento.
Ma perché questa favola ha affascinato da sempre così tanto e molto affascina ancora? Forse perché Psiche, raccontata in ogni tempo nelle tante riprese che ne sono state fatte, come piena di tristezza, inginocchiata, piangente, prostrata ai piedi di Eros, o stretta in crudeli nodi, o addirittura schiacciata nel torchio, o persino bruciata sul rogo, rappresenta probabilmente la tortura dell'anima inevitabile in ogni intimo e profondo coinvolgimento affettivo, o per dirla più semplicemente, ma mica tanto, nell'incastro che avviene durante la costruzione di un amore come canterebbe Ivano Fossati.
La costruzione di un amore
spezza le vene delle mani
mescola il sangue col sudore
se te ne rimane…
Psiche solo dopo sofferenze e prove continue può essere riunita finalmente ad Eros, con entrambe le entità dei due amanti trasformate e rinnovate, perché questa loro sofferenza non è stata solo cieca e tragica, ma è stato il loro percorso d'amore, un intenso e positivo patimento, nella misura in cui la sofferenza ha avuto a che fare con una nuova iniziazione, ovvero con una sorta di trasformazione profonda della struttura della loro coscienza sentimentale che da singola diviene di coppia.
Ovvero ancora per dirla ai nostri tempi, con Francesco Alberoni, quando una coppia dalla fase di innamoramento passa a quella dell'Amore, quando cioè due individui danno origine nel tempo, partendo dall'entusiasmo dello stato nascente di innamoramento, ad una nuova comunità: la coppia che si proietta verso un amore maturo e consapevole.
Amore che lieviterà nelle prove quotidiane e che creerà giorno dopo giorno una profonda coscienza di coppia. Quell'amore consapevole, che seppur tanto da alla coppia, la conduce anche ad una disciplina interiore non sempre facile da vivere ed interpretare, ma che, come nella favola scritta amabilmente da Apuleio, porta a rinascere ed arricchirsi vivendo assieme, passo dopo passo, anche ogni difficoltà da attraversare sempre tenendosi per mano.
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