Perché la bellezza sopravvive solo se ce ne prendiamo cura - di Carlo Picca
credit immagine: Giuseppe Inciardi
C'erano una volta tre gatti e tre cani randagi a cui un benefattore metteva, appena fuori la porta di casa sua, una scodella piena. Egli sapeva che dopo aver fatto i loro giretti da creature libere quali erano, una volta che gli veniva fame sapevano dove poter trovare qualcosina per il loro appetito.
Nel frattempo però, un gruppo di piccioni appollaiati sul palazzo di fronte, nelle settimane, avevano studiato ben bene la situazione, e furfanti quali si dimostravano, capirono che in certi orari potevano rubare la merenda ai quadrupedi. All'inizio il benefattore non capiva, vedeva scomparire il cibo più velocemente e pensava che i suoi amici avessero più fame del solito.
Un giorno però per caso, sentì dei rumori venire dalla porta e si accorse che quel gruppo di piccioni lottava fra di loro per chi mettersi dentro la scodella e fare manbassa d'ogni pietanza. Il benefattore pensò: “dovrò dare da mangiare anche a loro”. Ma nei giorni questi mangiavano tanto e senza freni ingrassando al punto quasi da non poter più volare, mentre per i randagi cibo comunque non ne restava proprio mai. La scodella ogni giorno che passava si svuotava sempre molto velocemente.
Il benefattore la riempiva ancora pensando ai gattini e ai cani amici suoi, ma il cibo terminava sempre presto perché quei volatili non conoscevano nessuna forma di sazietà. I randagi belli e divini e sempre pronti a farsi carezzare non trovavano più il loro spuntino. Così, il benefattore capì che per farli mangiare doveva aprire una fessura della porta appositamente per loro. Li aspettò ad uno ad uno e gli fece vedere come poter mangiare e così capirono. Anche il benefattore capì, se gli ingordi vivono facendo razzia, la bellezza può vivere solo se te ne prendi cura.
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