Perché Orfeo voltandosi perse Euridice - di Carlo Picca
Che Orfeo fosse molto amato per i suoi talenti era cosa ben nota. L'arte poetica e il suono della sua lira affascinavano infatti chiunque potesse udirlo. Del suo cuore invece, che nutriva ardore solo e soltanto per la bellissima ninfa Euridice, nessuno lo seppe fin quando i due non decisero di amarsi per sempre.
Vissero felici, fino a quando ella, perseguitata da Aristeo, per rifiutare le sue attenzioni, un giorno scappò nell'erba alta e inciampando in un serpente, venne morsa alla caviglia e morì avvelenata. Il poeta impazzito dal dolore, non riusciva ad immaginare la sua vita senza la sua musa. E domandò ad Ade e Persefone, re e regina del mondo dei defunti, di riprendersi a tutti i costi la sua amata.
Inteneriti, gli concessero di riavere la donna preziosa ma ad una condizione: durante il tragitto che avrebbe condotto entrambi fuori dall'Ade, egli non avrebbe mai dovuto voltarsi per guardarla. I due innamorati iniziarono il tragitto insieme, Euridice lo chiamava e non sapendo di quel patto, non capiva perché non si voltasse, ma si fidava e proseguiva.
Ma una volta raggiunta la soglia e la luce, Orfeo credendo di essere uscito dagli inferi si voltò. Purtroppo la sua Dea, che era ancora dietro di lui, sentendo un forte dolore alla caviglia, proprio lì dove era stata morsa, scomparve per sempre in pochi attimi. Il cantore a quel punto fu preso da uno sconforto assordante che si narra durò per mesi ed anni, continuando ancora a declamare poesie a quell'angelo grazioso che gli aveva illuminato la via.
Di questa storia si è dibattuto molto e in ogni tempo su che interpretazione dare, se fosse diffidenza, distrazione, paura o chissà cosa quella di Orfeo. Probabilmente io penso che sia stato impossibile per i due amanti andare contro quella sorte a cui il loro destino li aveva designati, perché a non tutte le anime è data pace e, come ha scritto Leopardi, «funesto a chi nasce il dì natale».
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