Perché Zeno non farà mai a meno dell'ultima sigaretta - di Carlo Picca
L'ultima sigaretta, magari fumata prima di andare a dormire, accesa con godimento sul balcone, ma che sapore poteva avere per Zeno? Il suo dilemma, se chiudere o meno col fumo, sarà molto presente infatti nella sua quotidianità, come ben si evince dal terzo capitolo del romanzo di Italo Svevo e pubblicato nel 1923 dall'editore Cappelli a Bologna.
Sto parlando de La coscienza di Zeno, un'opera d'avanguardia perché rompe in toto gli schemi della narrativa ottocentesca, e suddivisa in sette parti precedute da una prefazione. Si presenta come la memoria inviata da Zeno allo psicanalista che lo ha in cura, il dott. S.
Quando abbandona il trattamento, il suo medico dichiara di voler pubblicare per vendetta il diario con tutte le sue confessioni. L'argomento dello scritto è il malessere del paziente Cosini. Disagio maturato nei confronti della realtà con cui non riusciva proprio a vivere in sintonia.
E nel difficile rapporto con il vivere si inserisce anche quello combattuto con la sigaretta. In lui cioè, è continuamente presente una maledetta voglia di addormentare gli entusiasmi, e di non essere così protagonista e soggetto della sua esistenza.
Una tendenza interiore all'inettitudine, (tema focale questo dell'arte primo novecento), che tuttavia cerca di contrastare senza posa, in una continua battaglia intima per cercare di vivere a pieno. E proprio qui, la sigaretta, seppur consapevole del danno alla sua salute, gli ritornava comunque ad essere, sempre voglia di concedersi un piccolo momento di tregua e godimento.
Una sorta di ricompensa dagli affanni dell'esistere. E alla fine, dopo innumerevoli scritte e testimonianze dei suoi buoni propositi, il protagonista, si accetterà imperfetto, imparando che se non riesce a smettere, è perché quella sigaretta nonostante tutto vuole concedersela. Così quel tabacco, che amava scegliersi e gustarsi, viene vissuto finalmente con più leggerezza, come anche il rapporto con la vita stessa, motivo per cui abbandonerà pure le sedute di psicanalisi.
Decide quindi di concedersi un piacere, finché riesce ad apprezzarlo, e pensando ripetutamente che sia l'ultima, di goderne ancora di più nel momento in cui la respira. E lo fa capendo, di non essere una persona perfetta, ma certamente autentico nella sua imperfezione perché, seppur tormentato da un malessere esistenziale più grande di lui, come dal vizio del fumo, è incessantemente, con le sue energie, dedito alla ricerca della sua e altrui dignità di uomo.
Un capitolo vero quello de Il Fumo, all'interno di un grande e immenso romanzo italiano.
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