Ugo Foscolo - Ultime lettere di Jacopo Ortis - 23 Dicembre 1797
Brani scelti: UGO FOSCOLO, Le ultime lettere di Jacopo Ortis (Padova, 23 Dicembre 1797).
Questo scomunicato paese m'addormenta l'anima, nojata della vita: tu puoi garrirmi a tua posta, in Padova non so che farmi: se tu vedessi con che faccia sguajata mi sto qui scioperando e durando fatica a incominciarti questa meschina lettera! - Il padre di Teresa è tornato a' colli e mi ha scritto; gli ho risposto dandogli avviso che fra non molto ci rivedremo; e mi pare mill'anni.
Questa università (come saranno, pur troppo, tutte le università della terra!) è per lo più composta di professori orgogliosi e nemici fra loro, e di scolari dissipatissimi. Sai tu perché fra la turba de' dotti gli uomini sommi son così rari? Quello istinto ispirato dall'alto che costituisce il GENIO non vive se non se nella indipendenza e nella solitudine, quando i tempi vietandogli d'operare, non gli lasciano che lo scrivere. Nella società si legge molto, non si medita, e si copia; parlando sempre, si svapora quella bile generosa che fa sentire, pensare, e scrivere fortemente: per balbettar molte lingue, si balbetta anche la propria, ridicoli a un tempo agli stranieri e a noi stessi: dipendenti dagl'interessi, dai pregiudizj, e dai vizj degli uomini fra' quali si vive, e guidati da una catena di doveri e di bisogni, si commette alla moltitudine la nostra gloria, e la nostra felicità: si palpa la ricchezza e la possanza, e si paventa perfino di essere grandi perché la fama aizza i persecutori, e l'altezza di animo fa sospettare i governi; e i principi vogliono gli uomini tali da non riescire né eroi, né incliti scellerati mai. E però chi in tempi schiavi è pagato per istruire, rado o non mai si sacrifica al vero e al suo sacrosanto istituto; quindi quell'apparato delle lezioni cattedratiche le quali ti fanno difficile la ragione e sospetta la verità. - Se non ch'io d'altronde sospetto che gli uomini tutti sieno altrettanti ciechi che viaggiano al bujo, alcuni de' quali si schiudano le palpebre a fatica immaginando di distinguere le tenebre fra le quali denno pur camminar brancolando. Ma questo sia per non detto: e' ci sono certe opinioni che andrebbero disputate con que' pochi soltanto che guardano le scienze col sogghigno con che Omero guardava le gagliardie delle rane e de' topi.
A questo proposito: vuoi tu darmi retta una volta? or che Dio mandò il compratore, vendi in corpo e in anima tutti i miei libri. Che ho da fare di quattro migliaja e più di volumi ch'io non so né voglio leggere? Preservami que' pochissimi che tu vedrai ne' margini postillati di mia mano. O come un tempo io m'affannava profondendo co' librai tutto il mio! ma questa pazzia la non se n'è ita se non per cedere forse luogo ad un'altra. Il danaro dàllo a mia madre. Cercando di rifarla di tante spese - io non so come, ma, a dirtela, darei fondo a un tesoro - questo ripiego mi è sembrato il più spiccio. I tempi diventano sempre più calamitosi, e non è giusto che quella povera donna meni per me disagiata la poca vita che ancora le avanza. Addio.
da La Rivista
Trova il tempo (antica ballata irlandese)
Poesie scelte: Trova il tempo (Find the time, ancient Irish ballad).
La biblioteca faceta di Vinzenzo Belando
Maramaldeggiando tra libri introvabili… Mi viene fatto di pensare: e se fosse un Lettore, esterno a me, a leggere un libro in cui si parla di me? Io sarei "idea" del Lettore che legge un libro in cui si parla di me. Ed in questo preciso momento il Lettore che legge di me si immagina me che scrivo di un Lettore che legge un libro in cui si parla di ...