Kahlil Gibran - Il moribondo e l'avvoltoio

Kahlil Gibran - Il moribondo e l'avvoltoio

Brani scelti: KAHLIL GIBRAN, Il precursore, 1920.

Attendi, attendi ancora un po', mio avido amico. Lascerò fin troppo presto questo logoro corpo stremato da un'inutile agonia che esaurisce la tua pazienza. Non voglio che il tuo legittimo appetito debba ancora attendere. Ma questa catena, anche se è fatta di un soffio, è dura a rompersi; e il desiderio di morire, più forte di tutte le cose forti, trova un limite nel desiderio di vivere più debole di tutte le cose deboli.

Perdonami, compagno: indugio troppo a lungo. È la memoria che trattiene il mio spirito; un corteo di giorni lontani, una visione di gioventù passata in un sogno, un volto che impone ai miei occhi di non chiudersi, una voce che suona nelle mie orecchie, una mano che sfiora la mia. Perdonami per averti fatto tanto aspettare. Adesso è finita, ed è svanito tutto: il volto, la voce, la mano e quella nebbia che li ha condotti qui. Il nodo è sciolto.

La corda è tagliata, e ciò che non è né cibo né bevanda viene portato via. Avvicinati, mio compagno affamato; la tavola è pronta, e il cibo, frugale e povero viene offerto con amore. Vieni, affonda qui il tuo becco, nel fianco sinistro, e strappa via dalla sua gabbia questo uccellino, le cui ali non sbattono più. Avrei voluto che volasse in cielo con te. Vieni, amico mio, sono io questa sera a ospitarti, che tu sia il benvenuto.